Autonomia professionale, riportiamo integralmente il posizionamento della FNOFI in seguito alla Sentenza della Corte di Cassazione 914/2015 in riferimento ai fatti avvenuti a Cagliari.

È di tutta evidenza che i giudici, nello specifico caso, hanno inteso che “il fisioterapista  non può fare diagnosi medica” e, questo, non è mai stato messo in discussione da  nessuno: il fisioterapista non fa diagnosi medica, non l’ha mai fatta e non ha alcuna  pretesa di farla, anzi crede fermamente nel rispetto delle prerogative e attribuzioni di  tutte le professioni sanitarie, compresa quella medica. Il fisioterapista fa diagnosi  fisioterapica, così come l’infermiere fa diagnosi infermieristica, così ogni professione  sanitaria fa la propria, specifica, diagnosi di pertinenza. Affermare generalizzando,  quindi, che il termine “diagnosi” sia ascrivibile solo ad una professione, solo ad una  tipologia di diagnosi e attribuibile solo ad una sola categoria di professionisti sanitari,  vuol dire equivocare il suo significato, ignorare le specificità delle professioni  sanitarie, misconoscere le competenze e le autonomie di circa un milione di  professionisti sanitari “fuori” dalle branche mediche, ma che studiano, si  aggiornano, si specializzano ed operano, con immensi sacrifici, all’interno del sistema  salute del nostro paese.

Il fisioterapista, anche per dovere deontologico, è chiamato a collaborare con il medico  di medicina generale/pediatra di libera scelta o con lo specialista di riferimento, quando  nell’ambito della valutazione funzionale, di cui è pienamente titolare ai sensi dell’art  2 della legge n. 251/2000, e della diagnosi fisioterapica ritenga di dover rinviare al  medico un eventuale approfondimento diagnostico o, comunque, una nuova  valutazione: l’accesso diretto al fisioterapista, l’ utilizzo dell’ecografo e delle terapie  fisiche, l’autonomia e la piena titolarità nella scelta del programma riabilitativo (e la responsabilità conseguente) sono ormai fatti, attribuzioni e competenze non solo  consolidati, ma alla luce della protezione della professione, con l’istituzione ordinistica,  offerta dall’art. 4 della Legge Lorenzin, sono divenuti elementi incoercibili della  professione sanitaria di fisioterapista. Sorprende, francamente, la lettura “Ancien  Régime” della Suprema Corte, che pare non aver preso in alcuna considerazione come  la fine della ausiliarietà delle professioni sanitarie abbia ormai compiuto il quarto di  secolo proprio quest’anno. L’art 1 della legge n. 42/1999 insieme all’ art 2 della Legge  251/2000 infatti hanno dato un senso diametralmente opposto alla lettura della Corte  rispetto alla autonomia del professionista. Il dovuto rispetto per la Suprema Corte non  può esimere peraltro questa Federazione, nell’ambito delle attribuzioni istituzionali, nel  rilevare i limiti di quella pronuncia e la sua totale inattualità (i fatti contestati, peraltro, risalgono al 2016), oltre al fatto che le sentenze, anche quelle della Suprema Corte,  si basano su fatti specifici e le motivazioni non sono estensibili a casi generali. La Federazione conferma per contro l’impegno, in ogni sede istituzionale, a che, se del caso  anche normativamente, si chiarisca definitivamente ogni residua ambiguità rispetto a  autonomia e titolarità della professione sanitaria di fisioterapista, compresa quella di  effettuare diagnosi fisioterapica (come, si ribadisce, legittimamente agito da ogni altra  professione sanitaria) e quella di stilare il programma riabilitativo ritenuto opportuno a  seguito, appunto, delle opportune azioni summenzionate e di pertinenza esclusiva del  fisioterapista stesso. D’altra parte, si diffida qualsivoglia organizzazione o associazione parasindacale a limitare, in  ogni sede, le competenze e le attribuzioni previste per legge per il professionista sanitario  fisioterapista.

Il Presidente Dott. Piero Ferrante

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